Riceviamo dall' autore Mauro Suttera:
Ecco il capitolo del mio libro 'Green, storia avventurosa degli ecologisti' (ed.Neri Pozza) in cui cito il bosco Roche di S.Albino :
I colpevoli di Seveso si dipingono di verde
A dieci anni di distanza da quella polemica e a vent’anni dalla propria nascita, AzzeroCO2 rivendica la bontà della scelta di “sporcarsi le mani”: «Nel 2004 Legambiente e
Kyoto Club hanno sentito il bisogno di dimostrare nel concreto quanto la conversione ecologica fosse un’opportunità
per imprese, enti e territori, di essere più resilienti, efficaci
e avere successo».
Il bilancio 2022 di AzzeroCO2 evidenzia un fatturato di 17 milioni di euro, con trentun dipendenti e diciotto collaboratori guidati dall’amministratore delegato Sandro Scollato e dal direttore generale Alessandro Martella. Quanto ai
risultati concreti raggiunti, AzzeroCO2 vanta ben «330mila
alberi messi a dimora su 400 ettari, 832mila tonnellate di anidride carbonica compensata con progetti internazionali certificati, 250 impianti a fonte rinnovabile realizzati». Gli ultimi impianti con pannelli fotovoltaici sono su case popolari a Firenze ed Empoli, finanziati da Ikea, per dare elettricità a cinquantotto famiglie.
La campagna di piantumazione “Mosaico verde” di
AzzeroCO2 e Legambiente è benemerita: dal 2019 più di duecento aree sono state riqualificate. Tuttavia, qualche
azienda ne approfitta per fare greenwashing a buon mercato: Lamborghini ha messo a dimora 2500 alberi a San Giovanni Persiceto (Bologna) e Nonantola (Modena); idem la multinazionale Usa PepsiCo con mille alberi a San Giovanni Rotondo (Foggia) e altri mille a Casale Monferrato (Alessandria); Nespresso, del gigante svizzero Nestlé nel mirino degli ecologisti da mezzo secolo per il suo latte in polvere ai
neonati africani, nel 2024 ha rimboscato mezzo ettaro a Pradamano (Udine). E pazienza se i suoi miliardi di capsule
monouso non sono riciclabili in casa: bisogna riportarle
nelle boutique Nespresso. La catena di benzinai Q8 si sente
più green da quando è intervenuta su un terreno ad Amalfi
(Salerno).
Perfino Big Pharma si fa pubblicità ecologista: la svizzera Roche ha messo cento piante nella zona di Sant’Albino a Monza nel 2019, ma due anni dopo erano quasi tutte morte. Per kuno scherzo grottesco del destino, siamo a pochi chilometri da Seveso (Monza Brianza), dove nel 1976 una
fabbrica Roche causò con la sua diossina il primo grande disastro ambientale d’Italia.
Episodi che non tolgono valore alle iniziative per migliorare il nostro territorio. Forse però ci vorrebbe maggiore attenzione nel selezionare le imprese degne di fregiarsi dei
marchi ecologici. E invece, nella loro incomprensibile neo-
lingua infarcita di sigle in inglese, le associazioni verdi declamano orgogliose che i «progetti di Csr (Corporate social re-
sponsibility) migliorano la brand reputation delle aziende e contribuiscono a raggiungere gli Sdg (Sustainable development goals)». Che in italiano si traducono in Oss: Obiettivi di sviluppo sostenibile.
